domenica 3 settembre 2017

FACEBOOK: LA SEMPLICE AMICIZIA ON LINE NON PUO' ESSERE CONSIDERATA INDICE DI "ABITUALE COMMENSALITA' " TRA 2 SOGGETTI

TAR SARDEGNA - SEZIONE PRIMA - SENTENZA N. 281/2017

DIRITTO 

Una sintesi delle censure dei ricorrenti è utile per inquadrare le questioni sottoposte al Collegio. 

Con il primo motivo i ricorrenti affermano che le operazioni della Commissione sono viziate innanzi tutto per la presenza di cause di incompatibilità e/o inopportunità dati i rapporti tra i commissari e i singoli concorrenti. 

I commissari XXXX e XXX sono docenti del medesimo XXX di XXX nel quale insegnano i candidati XXX, XX, XX, XX. 

Come emerge dalle schede tratte dal sito dell’XXXX di XXXX, XXXXX e XXX fanno parte del Consiglio di classe della XX; XX e XXX del consiglio di classe della XXXX. 

Affermano poi i ricorrenti che dalle fotografie pubblicate sul social network Facebook appare che tra il commissario XXXXX e i candidati XXXXX, XXXX e XXXX (che insegnano tutti la stessa materia presso l’XXXX di XXXX) vi sono rapporti non di semplice conoscenza ma di amicizia, frequentazione e confidenza. 

All’uopo i ricorrenti depositano fotografie scaricate dal citato social network che avvalorerebbero la loro tesi. 

Dalla graduatoria di merito approvata il XXX emerge che nella prova pratica, dove maggiore è la discrezionalità dei Commissari, proprio ai “candidati colleghi” XXX, XX e XXsono stati assegnati i punteggi più elevati. 

A XXXX, che nella prova scritta aveva conseguito soltanto XXX punti, è stato assegnato il punteggio massimo sia nella prova pratica che nella prova orale. 

Trattamento di favore sarebbe stato riservato anche alla quarta “candidata collega” XXXX (docente all’XXXX di XXXX) la quale non è stata esclusa dal concorso nonostante nella domanda di partecipazione non avesse indicato la lingua straniera (sulla quale avrebbe dovuto vertere parte della prova scritta). 

Ulteriore elemento sintomatico sarebbe rappresentato dalla appartenenza del commissario XXXX e di alcuni dei menzionati candidati alla federazione italiana cuochi, sezione di XXXX in virtù della quale i medesimi avrebbero continui rapporti professionali anche al di fuori dell’ambito scolastico. 

Con il secondo motivo i ricorrenti affermano che il bando disponeva che la prova scritta dovesse svolgersi interamente al computer e prevedeva: a) 6 quesiti a risposta aperta; b) 2 quesiti, ciascuno dei quali articolato in 5 domande a risposta chiusa, volti a verificare la comprensione di un testo in lingua straniera prescelta dal candidato (tra inglese, francese, tedesco e spagnolo). 

La durata della prova era pari a 150 minuti. 

La prova scritta si è svolta il XXXXX presso il laboratorio informatico dell’I.S. XXXXXX. 

Prima dell’inizio della prova, secondo l’esposizione dei ricorrenti, alla specifica domanda se il sistema salvasse tutto ciò che i candidati scrivevano, i tecnici rispondevano che tutto ciò che veniva scritto sarebbe stato salvato in automatico e che non esisteva pericolo di cancellazione delle risposte. 

La sig.ra XXXX dopo aver scritto per oltre 15 minuti la risposta al primo quesito ha premuto il tasto per andare a capo e tutto ciò che aveva scritto è risultato cancellato. 

Avvertito il tecnico d’aula, a dire della ricorrente egli non ha saputo spiegare l’accaduto quindi la candidata ha dovuto ricominciare la risposta. 

Inoltre, sempre a dire dei ricorrenti, durante lo svolgimento della prova scritta comparivano all’improvviso finestre con tasti sconosciuti. 

Sempre secondo l’esposizione della ricorrente XXXX (i fatti riportati sono a lei riferiti), dopo aver terminato di scrivere la sesta risposta e, mancando ancora 18 minuti al termine, premeva il tasto “prosegui e conferma” per salvare la risposta in modo automatico; controllava quindi le risposte a ritroso e si accorgeva, arrivata alla sesta, che essa era sparita. 

Segnalato anche questo malfunzionamento, la ricorrente riferisce che il tecnico d’aula non era in grado di trovare la risposta al problema e suggeriva di riscriverla ma a quel punto mancava il tempo. 

Quanto al Sig. XXXX, egli asserisce che dopo aver elaborato tutte le risposte ai sei quesiti si è visto sparire la risposta al sesto. 

Dell’accaduto si dà atto anche nell’ultima pagina del verbale della prova scritta XXXXXX con la conferma dei due responsabili tecnici presenti in aula. 

Secondo i ricorrenti sarebbero quindi stati violati: a) i principi di trasparenza, correttezza e buona amministrazione; b) la prescrizione stabilita dalla nota 9705 del 12 aprile 2016 che imponeva alle commissioni di fornire le istruzioni necessarie per l’utilizzo delle postazioni informatiche; nella specie nessuna avvertenza era stata data che premendo i tasti indietro o a capo sarebbe stata cancellata la risposta già scritta; c) la par condicio tra i candidati tenuto conto che la Commissione avrebbe dovuto, a fronte delle segnalazioni di avvenuta cancellazione di risposte regolarmente scritte, concedere un ulteriore spazio temporale oltre i 150 minuti per completare lo scritto; ciò al fine di non sfavorire i soggetti che avevano subito il malfunzionamento del computer; d) il principio dell’anonimato perché i membri della Commissione sapevano che gli unici due candidati i cui compiti non riportavano la risposta alla sesta domanda erano XXXX e XXXX. 

Altro motivo di illegittimità, secondo i ricorrenti, è rappresentato dal fatto che le griglie di valutazione della prova scritta sono state approvate dalla Commissione il XXXX e il XXXX e quindi successivamente all’espletamento della prova che si è tenuta il XXXXX. Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti affermano che la commissione avrebbe violato l’art. 6 dell’allegato A del D.M. 23 febbraio 2016 n. 95. La commissione avrebbe dovuto preparare una serie di prove tra i 4 temi indicati nell’allegato A. 

Il tema oggetto della prova avrebbe poi dovuto essere estratto a sorte per ciascun concorrente o gruppo di concorrenti. 

La Commissione ha violato le citate disposizioni perché per tre giorni consecutivi (7, 8 e 9 giugno) e dunque per gruppi distinti di candidati è stato estratto singolarmente il medesimo tema che è esattamente uguale ad uno dei 4 titoli previsti dall’allegato A: “realizzazione di un piatto vegetariano utilizzando prodotti tipicamente mediterranei. 

Senza l’utilizzo di alghe o prodotti similari. 

Nel contempo il piatto deve contenere, proteine, lipidi, carboidrati ed eventuali elementi ausiliari tesi ad ascoltarne il gusto”. Secondo i ricorrenti questo è segno che la commissione non aveva preparato alcuna serie di prove all’interno dei titoli di cui all’allegato A. 

La scuola poi non ha fornito, secondo i ricorrenti, adeguate attrezzature per lo svolgimento della prova pratica e i ricorrenti hanno dovuto, con altri candidati, richiedere il prestito di attrezzatura di base e coltelleria della scuola alberghiera di Arzachena con autorizzazione del dirigente scolastico. Nel verbale XXXX si dà atto che “i candidati vengono invitati a munirsi della divisa, a portarsi la minuteria personale di cucina e qualche piccola attrezzatura”. 

Secondo i ricorrenti è stato violato l’allegato A del d.m. 95/2016 il quale prescriveva che “la prova dovrà essere svolta in base ai dati e alle materie prime forniti dalla Commissione, utilizzando le attrezzature di cui si dispone in laboratorio”. 

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 

Il primo motivo è infondato alla luce di pacifica giurisprudenza anche di questa Sezione. 

La sussistenza di una situazione di incompatibilità tale da imporre l’obbligo di astensione deve essere valutata ex ante, in relazione agli effetti potenzialmente distorsivi che il sospetto difetto di imparzialità è idoneo a determinare in relazione alla situazione specifica, ma anche con estrema cautela in relazione alla sua portata soggettiva, onde evitare che la sussistenza dell’obbligo di astensione possa essere estesa a casi e fattispecie in alcun modo contemplate dalla normativa di riferimento (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 marzo 2015, n. 1411). 

Nei pubblici concorsi i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l’obbligo di astenersi solo ed esclusivamente se ricorre una delle condizioni tassativamente previste dall’art. 51 del c.p.c., senza che le cause di incompatibilità previste dalla predetta norma, proprio per detto motivo, possano essere oggetto di estensione analogica (Cons. Stato, sez. V, 24 luglio 2014, n. 3956, T.a.r. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 28 dicembre 2016, n. 986). 

L’incompatibilità tra esaminatore e concorrente implica quindi o l’esistenza di una comunanza di interessi economici o di vita tra i due soggetti [di intensità tale da far ingenerare il sospetto che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con l’esaminatore (Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2015, n. 1057) ed idonea a far insorgere un sospetto consistente di violazione dei principi di imparzialità, di trasparenza e di parità di trattamento (comunque inquadrabile nell’art. 51, comma 2, del c.p.c.)], ovvero la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi per l’esistenza di una causa pendente tra le parti, o la sussistenza di grave inimicizia tra di esse. 

Poiché l’impossibilità del ricorso alla analogia è giustificata dall’esigenza di tutela di certezza dell’azione amministrativa e della stabilità della composizione delle commissioni giudicatrici, è stato ritenuto dalla giurisprudenza che neppure la presentazione di denuncia in sede penale da parte del ricusante nei confronti del commissario di concorso costituisce causa di legittima ricusazione, perché essa non è di per sé idonea a creare una situazione di causa pendente o di grave inimicizia (Cons. Stato, sez. III, 2 aprile 2014 n. 1577). Questi principi sono stati affermati recentemente dalla Sezione con sentenza n. 986 del 28 dicembre 2016. 

Occorre effettuare ulteriori precisazioni, data la particolarità del caso. Anche sui rapporti di “colleganza” (qui oggetto di specifica contestazione) la giurisprudenza si è pronunciata ripetutamente. 

E’ stato per esempio affermato che “i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati ammessi alla prova orale non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall'art. 51 (tra le quali non rientra l'appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale; pertanto, la conoscenza che alcuno dei membri di una commissione di concorso abbia di un candidato, ove non ricada nelle suddette fattispecie tipiche, non implica di per sé la violazione delle regole dell'imparzialità e nemmeno il sospetto della violazione di tali regole” (Consiglio di Stato, sez. III, 28/04/2016, n. 1628 e , in senso conforme, Consiglio di Stato, sez. III, 20/01/2016, n. 192, Consiglio di Stato, sez. VI, 23/09/2014, n. 4789). 

Veniamo all’ultimo singolare profilo contestato dai ricorrenti e cioè “l’amicizia sul social network Facebook”. 

Anche questa contestazione, in assenza di ulteriori e solide prove, non può essere positivamente apprezzata dal Collegio. Come è noto, Facebook implica una possibile diffusione del materiale pubblicato sul profilo dell'utente a un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti se l’utente stesso non provvede ad effettuare restrizioni che peraltro il social network consente. 

Le cosiddette “amicizie” su Facebooksono del tutto irrilevanti poiché lo stesso funzionamento del social network consente di entrare in contatto con persone che nella vita quotidiana sono del tutto sconosciute. 

Né si può pretendere che gli utenti (escluso un utilizzo sconveniente del mezzo) debbano controllare ogni possibile controindicazione del social network posto che esso, per come si è evoluto, costituisce ormai una modalità di comunicazione difficilmente classificabile (ognuno ne fa l’utilizzo che ritiene più appropriato ma per lo più si tratta di attività ludica e ricreativa). 

Insomma, non è certo Facebook in sé che può concretizzare una delle cause di incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c.. La questione è talmente pacifica che non necessita di particolare approfondimento. 

In ordine alle foto “scaricate” dal social network la questione non muta. 

Esse non valgono a provare alcuna “commensalità abituale” prevista dall’art. 51 c.p.c..

 E qui il Collegio deve effettuare ancora alcune precisazioni. 

Torniamo al “nocciolo della questione”. 

Come già riferito, secondo la tradizionale interpretazione giurisprudenziale dell’art. 51 c.p.c., i casi di astensione obbligatoria sono tassativi e non suscettibili di interpretazione né analogica, né estensiva. 

Essi sfuggono ad ogni tentativo di manipolazione analogica, vista l'esigenza di assicurare la certezza dell'azione amministrativa e la stabilità della composizione delle commissioni giudicatrici. 

Soprattutto in dottrina è stato ampiamento dibattuto il significato da attribuire alla locuzione convivente o commensale abituale. 

Per la maggior parte della dottrina, l'espressione deve intendersi in senso lato, vale a dire quale soggetto appartenente ad una cerchia di persone che hanno una certa affectio familiaritatis, ossia che vivono in famigliarità e hanno interessi comuni. 

Altri autori ritengono invece che si debbano assumere le espressioni convivenza e commensalità nel loro significato letterale. 

Quel che è certo è che tale motivo di astensione è ravvisabile quando vi è prova che il membro della commissione abbia con il candidato frequenza di contatti e di rapporti di tale continuità da far dubitare della sua imparzialità e serenità di giudizio. 

Il riferimento alla “abitualità” della commensalità esclude per l’appunto, per pura e semplice logica, l’occasionalità della stessa. 

E della abitualità occorre dare prova. 

Prova che non può essere certo fornita mediante Facebook. 

Non è chi non veda che nell’odierno modo di comunicare, qualunque occasione conviviale anche del tutto episodica, può essere “catturata” con il telefono cellulare e repentinamente pubblicata sul social network. 

Non può, questo, essere considerato indice di una commensalità abituale. 

L’art. 51 c.p.c. se correttamente interpretato, non può condurre a tale illogico risultato. 

Il ragionamento quindi va concluso tenuto conto che per le stesse caratteristiche del social network Facebook, sopra ampiamente descritte, né le argomentazioni dei ricorrenti né le produzioni dei medesimi (fotografie tratte dal social network) possono essere positivamente apprezzate dal Collegio perché non provano nulla circa la commensalità abituale tra membri della commissione e candidati. 

Stesso discorso vale per il contestato “campionato della cucina italiana” per il quale valgono le considerazioni finora espresse e su cui non occorre indugiare ulteriormente. 

Anche il secondo motivo è infondato. 

Di tutte le presunte anomalie e malfunzionamenti dei personal computer descritte dai ricorrenti non esiste la benché minima prova. 

Così come nessuna conferma dei malfunzionamenti è stata data dai responsabili tecnici al contrario di quello che affermano i ricorrenti. 

Nel verbale menzionato (documento 27 produzioni dei ricorrenti) non si legge alcuna conferma. 

Si legge invece “i responsabili tecnici XXXX e XXXXX in relazione a quanto sopra esposto dichiarano quanto segue: chiamati alla postazione dai candidati in parola abbiamo verificato che il campo era vuoto”. 

Il che non significa affatto che i responsabili tecnici hanno confermato qualcosa in ordine al malfunzionamento del sistema informatico ma significa solo che “il campo era vuoto”. 

E il campo poteva essere vuoto perché i candidati non l’avevano compilato o perché (come è verosimile) possono avere errato al momento di salvare la risposta (non seguendo le istruzioni che erano state date dall’amministrazione nel video di tutoraggio al minuto 4,30). 

La presenza del video di tutoraggio è affermata dall’amministrazione (documento 11 produzioni della stessa) e non contestata in modo sostanziale dai ricorrenti. 

In ordine al momento della fissazione dei criteri di valutazione è sufficiente richiamare pacifica e costante giurisprudenza che afferma che la previsione di cui all'art. 12, d.P.R. n. 487 del 1994 della fissazione dei criteri di valutazione nella prima riunione pone l'accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti.

E' stata, pertanto, ritenuta legittima la determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo l'effettuazione di queste, purchè prima della loro concreta valutazione, cioè dell'effettiva correzione e valutazione delle prove scritte; nel caso di specie, è stato ritenuto che correttamente si siano fissati i criteri per la valutazione dei titoli dopo lo svolgimento della prova scritta, ma prima della relativa correzione (da ultimo, T.a.r. Lazio, Roma, sez. I, 10 gennaio 2017, n. 368 e, in senso conforme, Consiglio di Stato, sez. V, 04 gennaio 2011, n. 8). 

Del tutto infondata è la questione posta dai ricorrenti in ordine alla violazione della regola dell’anonimato. 

Regola che, semmai hanno deciso loro stessi di violare nel richiedere la verbalizzazione di quello che, in mancanza di prova contraria, doveva essere considerato un loro errore, regola che non può essere considerata violata dal momento che, comunque, al momento della correzione i commissari non potevano essere in alcun modo a conoscenza del fatto che gli unici a non aver risposto alla domanda n. 6 erano i candidati XXXX e XXXXX che, lo si ribadisce, hanno autonomamente deciso di far verbalizzare delle dichiarazioni sfornite di qualsiasi supporto probatorio. Non spetta miglior sorte al terzo motivo di ricorso. 

I temi scelti dalla commissione sono ricavati dal D.M. 95/2016. Le prove sono state regolarmente svolte e, come risulta dal verbale n. 5 del 7 giugno 2016 (documento 28 dei ricorrenti) semplicemente vi è un invito ai candidati a munirsi della divisa e a portarsi la minuteria personale di cucina e qualche piccola attrezzatura. 

Niente che possa averli danneggiati ma semmai favoriti (tutti allo stesso modo). 

La censura è del tutto inconsistente. 

Il ricorso deve, in definitiva, essere respinto siccome infondato. 

La assoluta particolarità della vicenda portata all’attenzione del Collegio e la novità di alcune questioni prospettate induce a ritenere sussistenti le ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. 

Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2017

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