lunedì 12 marzo 2012

Cassazione Penale, Sentenza n. 5879 del 15 Febbraio 2012 [La stessa licenza su più pc costituisce violazione del diritto di Autore ]

Fatto e Diritto

Il Sig.  XXX è stato tratto a giudizio per rispondere del reato previsto dall'art. 171-bis, primo comma, della legge 22 aprile 1941, n.633 per avere abusivamente duplicato per fini di profitto 19 programmi per elaboratore che ha installato su più personal computer (pc) della propria azienda senza avere acquistato le relative licenze.

Sia il Tribunale sia la Corte di Appello hanno ritenuto fondata la contestazione e il Tribunale ha fissato la pena in quattro mesi di reclusione e 1.000,00 euro di multai pena confermata in grado di appello.

Avvero la decisione della Corte di Appello il Sig XXX   i ha, previa indicazione dei quattro motivi di appello presentati contro la sentenza di primo grado, proposto ricorso tramite il Difensore, lamentando in sintesi:

1.    Errata applicazione di legge e vizio di motivazione ex art.606, lett.b) ed e) c.p.p. anche in relazione agli artt. 3, 23 e 27 della Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo n.98/34/CE per avere i giudici di merito omesso di motivare in ordine all'effettivo funzionamento dei programmi installati e non considerato che la perizia i è stata effettuata su copie cartacee e non sui programmi informatici;

2.    Errata applicazione degli artt.64-bis, ter e quater della legge 22 aprile 1941, n.633 in relazione all'art. 171-bis della stessa legge e dell'art. 1341 c.c.; in particolare i giudici di merito hanno omesso di considerare che l'acquirente ha diritto a formare una copia di back up del programma acquistato e ha diritto ex art. 1341 c.c. di duplicare il programma stesso, non avendo valore nei suoi confronti le clausole che egli non abbia sottoscritto con doppia firma. Infine, la perizia non consente di affermare che per tutti i 9 programmi acquistati siano state effettuate duplicazioni.

OSSERVA

La ricostrùzione del fatto operata dai giudici di merito conduce a ritenere che il Sig. XXX abbia acquistato una sola copia di ciascuno dei 9 programmi informatici prodotti dalla    XXXX  e di ciascun originale abbia poi effettuato plurime copie che ha installato su più computer della propria azienda.

In particolare, la sentenza di primo grado, che i giudici di appello richiamano in punto di fatto e che questa Corte ha esaminato attesa la continuità fra le due decisioni di condanna, afferma che sui fatii contestati e asseverati dai risultati peritali il Sig. XXX   i ha reso piena ammissione, con la conseguenza che, alla luce delle conclusioni della sentenza di appello, tali profili debbono essere considerati fuori discussione e si rende palesemente infondata la prospettazione difensiva contenuta nel secondo motivo di ricorso sia con riferimento alla sola copia di "back up" sia con riferimento ad asserite deficienze dell'accertamento tecnico..

Così ricostruito il fatto, correttamente i giudici di merito hanno escluso che la contestazione attribuisca rilievo alla presenza o meno del marchio Siae e hanno ritenuto che la condotta illecita contestata e accertata consista esclusivamente nella illecita duplicazione dei programmi al fine di essere utilizzati su plurimi apparecchi; si tratta di violazione prevista dalla prima parte del primo comma dell'art. 171-bis della legge 22 aprile 1941, n.633.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art.616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.  

Tenuto, poi, copto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.M.Q.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 19 Dicembre 2011

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