venerdì 29 aprile 2011

Cassazione Penale, Sezione I, Sentenza n. 16307 del 26 aprile 2011 [Diffamazione via internet, il reato si realizza nel luogo in cui le offese possono essere viste dal maggior numero di persone]

Svolgimento del processo

1. Il 22 ottobre 2009 il gip del Tribunale di Roma, investito della richiesta di rinvio a giudizio, formulata dal pubblico ministero nei confronti di Ge.Al. , imputato dei reati previsti dell'articolo 595 c.p., comma 3, Legge n. 47 del 1948, articolo 13, per avere, nella sua qualita' di responsabile della testa giornalistica "(OMESSO)" che edita il magazine del sito "(OMESSO)", offeso la reputazione di Gr.El. , redigendo l'articolo di elaborazione redazionale dal titolo "Altro che solo colleghi", apparso sulla relativa pagina web, dichiarava la propria incompetenza territoriale e disponeva la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano.

Il gip fondava la sua decisione sulle seguenti argomentazioni.

Doveva escludersi che la condotta contestata, benche' consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, costituisse un'ipotesi di diffamazione commessa "a mezzo di trasmissioni radiofoniche e televisive", posto che il mezzo divulgativo utilizzato dall'imputato appartiene sicuramente alla categoria della "stampa". Anche le notizie diffuse dalle agenzie di informazione mediante comunicati o dispacci, quale che sia il mezzo con il quale gli stessi risultino lanciati, sono evidentemente destinate alla pubblicazione e rientrano, percio', nella nozione di stampa di cui alla Legge n. 47 del 1948. Dovevano, pertanto, trovare applicazione i principi generali in materia di competenza territoriale, previsti per i reati di diffamazione commessi con il mezzo della stampa.

Del resto, nelle avvertenze e informazioni riguardanti le condizioni d'uso dei servizi offerti dal portale "(OMESSO)" di " It. On. s.r.l", pubblicati sul sito, risulta testualmente che "(OMESSO) e' una testata editoriale telematica edita da It. On. s.r.l., - luogo di stampa: (OMESSO)..." e che " Ne. 20. e' una testata giornalistica registrata edita da (OMESSO) s.r.l. - luogo di stampa: (OMESSO)".

2. Il 27 settembre 2010 il gip del Tribunale di Milano, recependo l'eccezione sollevata dalla difesa dell'imputato all'udienza del 14 giugno 2010, riteneva a sua volta la propria incompetenza territoriale e disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte per la risoluzione del conflitto sulla base delle seguenti considerazioni.

Nel caso di specie l'articolo diffamatorio era stato pubblicato su un giornale telematico.
Non esisteva, pertanto, ne' uno stampato ne' un prodotto riferibile ad un'attivita' di stampa.
Il reato di diffamazione e' un reato di evento che si consuma nel momento e nel luogo in cui avviene la lesione dell'interesse tutelato, ossia nel luogo in cui i terzi percepiscono il messaggio offensivo dell'altrui reputazione.

Non essendo noto detto luogo ne' quello in cui l'imputato aveva immesso le frasi offensive nel sito web, la competenza territoriale andava determinata sulla base del criterio suppletivo di cui all'articolo 9 c.p.p., comma 2, della residenza dell'imputato ((OMESSO))

OSSERVA IN DIRITTO

Il conflitto sussiste, in quanto due giudici rifiutano di prendere cognizione di un provvedimento, cosi' determinando una situazione di stallo processuale, prevista dall'articolo 28 c.p.p., la cui risoluzione e' demandata a questa Corte dalla norme successive.

Tale conflitto deve essere risolto nel senso indicato dal giudice che l'ha rilevato.

Occorre premettere che il reato di diffamazione e' un reato di evento, inteso quest'ultimo come avvenimento esterno all'agente e causalmente collegato al comportamento di costui. Si tratta di evento non fisico, ma, per cosi' dire, psicologico, consistente nella percezione da parte del terzo (rectius dei terzi) della espressione offensiva, che si consuma non al momento della diffusione del messaggio offensivo, ma al momento della percezione dello stesso da parte di soggetti che siano "terzi" rispetto all'agente ed alla persona offesa.
Come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare (Sez. 5, 17 novembre 2000 n. 4741), l'immissione di scritti lesivi dell'altrui reputazione nel sistema internet integra il reato di diffamazione aggravata (articolo 595 c.p.p., comma 3). 

Esso si consuma anche se la comunicazione con piu' persone e/o la percezione da parte di costoro del messaggio non siano contemporanee (alla trasmissione) e contestuali (tra di loro), ben potendo i destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli altri ovvero dall'agente. 

Ma, mentre, nel caso, di diffamazione commesso, ad esempio, a mezzo posta, telegramma o e-mail, e' necessario che l'agente compili e spedisca una serie di messaggi a piu' destinatari, nel caso in cui egli crei a utilizzi uno spazio web, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erga omnes, sia pure nel ristretto - ma non troppo - ambito di tutti coloro che abbiano gli strumenti, la capacita' tecnica e, nel caso di siti a pagamento, la legittimazione, a connettersi (Sez. 5, 21 giugno 2006 n. 25875; Sez. 5, 17 novembre 2000 n. 4741).

Occorre, in proposito, precisare che il provider mette a disposizione dell'utilizzatore (nel caso in esame la testata editoriale o giornalistica) uno spazio web allocato presso un server (che puo' trovarsi ovunque); peraltro, l'inserimento dei dati in questo spazio non comporta alcuna ulteriore attivita' da parte del fornitore di servizi internet ne' di altro soggetto. Una volta inserite le informazioni, no si verifica alcuna "diffusione" delle stesse; infatti i dati inseriti non partono dal server verso alcuna destinazione, ma rimangono immagazzinati a disposizione dei singoli utenti che vi possono accedere, attingendo dal server e leggendoli al proprio terminale.

Ne consegue che, quand'anche esista un preciso luogo di partenza (il server) delle informazioni, lo stesso non coincide con quello di percezione delle espressioni offensive e, quindi, di verificazione dell'evento lesivo, da individuare nel luogo in cui il collegamento viene attivato.

Il sito web sul quale viene effettuata l'immissione e', per sua natura, destinato ad essere normalmente visitato da un numero indeterminato di soggetti; pertanto nell'ipotesi (come nella fattispecie sottoposta all'esame della Corte) in cui un giornale sia redatto in forma telematica, deve necessariamente presumersi che all'immissione faccia seguito, in tempi assai ravvicinati, il collegamento da parte di lettori, non diversamente da quanto deve presumersi nel caso di un tradizionale giornale a stampa. 

Pertanto, quando una notizia risulti immessa sul sito web - da ricomprendere nella nozione di mezzo di comunicazione di massa al pari degli strumenti cartacei, radiofonici, televisivi, ecc- la diffusione della stessa, secondo un criterio che la nozione stessa di pubblicazione impone, deve presumersi, fino a prova del contrario.

Il principio non puo' soffrire eccezione per quanto riguarda i siti web, atteso che l'accesso ad essi e' solitamente libero e, in genere, frequente (sia esso di elezione o meramente casuale), sicche' l'immissione di notizie o immagini in rete integra la ipotesi di offerta delle stesse in incertam personam e, dunque, implica la fruibilita' da parte di un numero solitamente elevato (ma difficilmente accettabile) di utenti (cfr. in tal senso Sez. 5, 4 aprile 2008, n. 16262).

Sulla base di tali premesse puo', quindi, riaffermarsi che il locus commissi delicti della diffamazione telematica e' da individuare in quello in cui le offese e le denigrazioni sono percepite da piu' fruitori della rete e, dunque, nel luogo in cui il collegamento viene attivato e cio' anche nel caso in cui il sito web sia stato registrato all'estero, purche' l'offesa sia stata percepita da piu' fruitori che si trovano in Italia.

Sulla base di quanto sinora esposto, e' possibile affermare, in armonia con i principi gia' espressi da questa Corte (Sez. Un. civ. 13 ottobre 2009, n. 21661), che rispetto all'offesa della reputazione altrui realizzata via internet, ai fini dell'individuazione della competenza, sono inutilizzabili, in quanto di difficilissima, se non impossibile individuazione, criteri oggettivi unici, quali, ad esempio, quelli di prima pubblicazione, di immissione della notizia nella rete, di accesso del primo visitatore.

Per entrambe le ragioni esposte non e' neppure utilizzabile quello del luogo in cui e' situato il server (che puo' trovarsi in qualsiasi parte del mondo), in cui il provider alloca la notizia.

Ne consegue che non possono trovare applicazione ne' la regola stabilita dall'articolo 8 c.p.p. ne' quella fissata dall'articolo 9 c.p.p., comma 1.

Attesa le peculiari modalita' di diffusione di notizie lesive dell'altrui reputazione allocate in un sito web, secondo quanto meglio precisato al paragrafo 3), non puo' neppure sostenersi l'automatica trasposizione dei criteri fissati per i reati di diffamazione commessi con il mezzo della stampa impropriamente valorizzando, al riguardo, le indicazioni in ordine al "luogo di stampa" e a quello di "registrazione" della testata giornalistica contenute sul portale "(OMESSO)" di " It. On. s.r.l.".

In tale articolato contesto e', quindi, imprescindibile fare ricorso ai criteri suppletivi fissati dal predetto articolo 9 c.p.p., comma 2, ossia al luogo di domicilio dell'imputato che, nel caso di specie, e' Roma.
Per tutte le ragioni sin qui esposte deve, quindi, essere dichiarata la competenza del gup del Tribunale di Roma cui gli atti devono essere trasmessi.

P.Q.M.

Dichiara la competenza del gup del Tribunale di Roma cui dispone trasmettersi gli atti.
 

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